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Impianti EX (7)
4. Classificazione dei luoghi pericolosi
La classificazione delle aree pericolose, cioè quelle in cui occorre utilizzare prodotti e realizzare impianti appositi, è regolata da norme diverse a seconda del combustibile che causa l'atmosfera esplosiva. In tabella vediamo qual è la situazione attuale, sapendo che le tre grandi famiglie sono gas, polveri ed esplosivi.
Norme da utilizzare per la classificazione delle aree pericolose |
Gas, vapori e nebbie |
EN 60079-10 (CEI 31-30) "Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per presenza di gas - Parte 10: classificazione dei luoghi pericolosi".
GUIDA CEI 31-35 "Costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di gas - Guida all'applicazione della norma EN 60079-10 (CEI 31-30) - Classificazione dei luoghi pericolosi".
GUIDA CEI 31-35/A "Costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive per la presenza di gas - Guida all'applicazione della norma EN 60079-10 (CEI 31-30) - Classificazione dei luoghi pericolosi - Esempi di applicazione". |
Polveri combustibili |
EN 50281-3 (CEI 31-52) "Costruzioni elettriche destinate all'uso in ambienti con presenza di polvere combustibile. - Parte 3: Classificazione dei luoghi dove sono o possono essere presenti polveri combustibili". |
Sostanza esplosive |
CEI 64-2 "Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione - Prescrizioni specifiche per la presenza di polveri infiammabili e sostanze esplosive" - cap. IV relativo ai luoghi di classe 0. |
Tabella 4.1 - Quali norme consultare per la classificazione delle zone
I criteri per la classificazione sono stati oggetto negli ultimi tempi di ampie discussioni e polemiche, seguite all'abbandono forzato della norma CEI 64-2, semplice e chiara nella sua applicazione, a vantaggio di norme comunitarie più incomprensibili e meno definite, anche se maggiormente rispettose di quello che dovrebbe essere uno studio particolareggiato delle diverse situazioni. In definitiva ci si sta muovendo verso una direzione in cui le decisioni vanno prese in base a valutazioni, piuttosto che in base a schemi predefiniti. Come si può vedere dalla tabella 4., questo percorso è già stato compiuto interamente per i luoghi con possibile presenza di gas e polveri, mentre siamo ancora fermi alla vecchia filosofia per i luoghi con sostanze esplosive (che sono comunque i più rari).
In sostanza le nuove norme hanno decretato la morte della CEI 64-2 e relativi esempi della CEI 64-2/A. Ma è proprio così ? O è forse possibile che questa gloriosa norma, sbattuta fuori dalle stanze normative, rientri dalla finestra ? Cerchiamo di capire meglio. La nuova filosofia di classificazione delle zone si basa su valutazioni analitiche (cioè calcoli) che tengono conto della ventilazione dell'ambiente, della concentrazione delle miscele esplosive, dei tempi di permanenza di queste atmosfere esplosive, etc. Ebbene, la nuova norma CEI EN 60079-10 (CEI 31-30) prevede che informazioni su questi parametri, come la frequenza e la durata della presenza di un'atmosfera esplosiva, possono essere ricavate da guide e raccomandazioni; nessuno quindi vieta agli operatori Italiani di far riferimento come guida alla vecchia CEI 64-2, a cui, in questo modo, viene regalata una seconda vita.
Ma un'altra "minaccia" incombe su questa norma. La difficoltà nell'applicazione delle nuove normative di classificazione sarà probabilmente superata dall'utilizzo di software di ausilio. Già da tempo il CEI ha predisposto un software apposito per un caso molto comune di classificazione: le centrali termiche a gas. Da pochissimo è stato predisposto un altro software (Progex), molto più completo, che risolve il problema della classificazione in tutti i casi più frequenti. Il programma contiene i dati caratteristici di centinaia di sostanze pericolose e permette anche di stampare i risultati della classificazione, comprese le formule utilizzate. Le schede così ottenute possono essere allegate alla documentazione di progetto. Rimangono fuori dall'applicazione di questo software i luoghi con pericolo di esplosione per la presenza di polveri combustibili.
Probabilmente l'uso di questi software, non aiuterà la cultura tecnica, potendo in qualche modo essere usati anche chi non conosce a fondo le problematiche, ma d'altra parte non si può avere tutto. A questo proposito un'ultima considerazione: con o senza software la classificazione dei luoghi pericolosi è un'attività sicuramente non semplice (soprattutto con le nuove norme e senza software) e non di precisa collocabilità come competenze. A chi spetta effettuare questo lavoro che è preliminare al progetto elettrico vero e proprio ? Al progettista elettrico o al responsabile dell'impianto di lavorazione ? Propendiamo verso una scelta di collaborazione in cui, situazione per situazione, un coordinatore organizzi questo delicato compito. Un compito che si deve esplicare soprattutto nel determinare l'estenzione delle zone pericolose. Nella precedente CEI 64-2 questa estensione era ben definita anche attraverso l'ausilio di esempi grafici, ora invece va determinata caso per caso.
Figura 4.1 - In un impianto chimico la classificazione va effettuata da personale altamente qualificato come i responsabili di processo
Criteri per la classificazione dei luoghi pericolosi per la presenza di gas, vapori e nebbie
Vediamo quali sono i passi da compiere per la classificazione in base alla norma CEI 31-30 e guida CEI 31-35, ben sapendo che ciò che diremo è solo un piccolo fiammifero nell'oscurità dell'argomento, che poco servirà a chi è già in possesso di una potente torcia, ma può essere un aiuto a chi ancora non lo conosce.
- 1° PASSO: Occorre individuare le sostanze pericolose presenti. Nell'appendice GA della guida CEI 31-35 sono elencate più di 300 sostanze infiammabili o combustibili, con i loro valori caratteristici come la temperatura di infiammabilità, la massa volumica, la temperatura di ebollizione, la temperatura di eccensione, il LEL, il UEL, la tensione di vapore. Conoscenze scolastiche ci possono aiutare a ricordare il significato di questi parametri, a parte le due sigle (LEL e UEL) che è doveroso spiegare. LEL sta per limite inferiore di esplodibilità. Ricordate il triangolo della combustione visto all'inizio ? Affinchè possa avvenire un'esplosione occorre che nella miscela comburente-combustibile, quest'ultimo non scenda al di sotto di una certa percentuale (ad esempio 1,5 % per l'acetilene), che viene chiamata appunto LEL. L'altro parametro, UEL, è esattamente l'opposto, cioè la massima concentrazione possibile di combustibile nella miscela perchè avvenga un'esplosione (ricordiamo che più aumenta la percentuale di combustibile, più diminuisce quella di comburente rendendo ad un certo punto impossibile l'esplosione (per l'acetilene UEL= 100 %).
- 2° PASSO: Occorre individuare le sorgenti di emissione cioè i punti dai quali può essere emesso un gas, un vapore o un liquido infiammabile (cioè una delle sostanze del punto 1) che determina un'atmosfera esplosiva. E' chiaro che queste sorgenti, da cui nascono tutti i problemi, è bene che siano il più possibile eliminate o ridotte di efficacia. Le sorgenti sono catalogate in base al livello di pericolosità in:
- Sorgenti di emissione di grado continuo, quando l'emissione è continua o comunque avviene per tempi lunghi
- Sorgenti di emissione di primo grado, quando l'emissione avviene in forma periodica, ma non prolungata, od occasionale, ma comunque prevista nel normale funzionamento..
- Sorgenti di emissione di secondo grado, quando l'emissione avviene per brevi periodi e non prevista nel normale funzionamento.
Tanto per capirci facciamo qualche esempio di ciò che può essere considerata sorgente di emissione e di che grado, e di ciò che può non essere considerata sorgente di emissione. La schematizzazione può essere grossolana, ma può aiutare a rendere l'idea.
- Possono essere considerate sorgenti di grado continuo le superfici, ad esempio, di un liquido infiammabile (fig. 4.2) o di una vernice esposti all'atmosfera direttamente o attraverso uno sfiato.
- Possono essere considerate sorgenti di primo grado valvole, sfiati, flange di raccordo di tubazioni, tenute di compressori o pompe, quando si prevede, che nel funzionamento normale, queste aperture possano emettere sostanze infiammabili (emissioni strutturali), o aperture per il caricamento di liquidi infiammabili (fig. 4.3).
- Possono essere considerate sorgenti di secondo grado le stesse valvole (fig 4.4) , sfiati, flange di raccordo di tubazioni, tenute di compressori o pompe, quando si prevede, che nel funzionamento normale, queste aperture non possano emettere sostanze infiammabili (emissioni dovute a guasti).
- Non vengono invece considerate sorgenti di emissione:
- Le tubazioni e i contenitori saldati e i loro collegamenti ottenuti con dispositivi di giunzione a tenuta
- I contenitori di sostanze infiammabili che abbiano i coperchi sigillati o chiusi rispettando determinate condizioni, tali che eventuali cadute non comportino fuoriuscita della sostanza (fig. 4.5).
- Le doppie tenute applicate agli alberi rotanti
- Gli spurghi dei piccoli serbatoi di liquidi con temperatura d'infiammabilità inferiore a 21 °C, se è presente un disposito di drenaggio.
Figura 4.2 - Esempio di sorgente di emissione di grado continuo. Superficie di liquido infiammabile esposta direttamente all'atmosfera (Rivista UNAE)
- 3° PASSO: Occorre definire la portata di emissione delle sorgenti per delimitare l'estensione della zona pericolosa in base alla quantità di sostanza pericolosa emessa. Questa portata, come il nome indica, è la quantità di gas o vapore emesso nell'unità di tempo dalla sorgente di emissione. Questa portata dipende da:
- Velocità di emissione. Più è alta la velocità con cui esce il gas o vapore infiammabile dalla sorgente e maggiore sarà la sua portata.
- Geometria della sorgente. Evidentemente il tipo di apertura da cui esce il gas, influenza la portata.
- Concentrazione del gas o vapore nella miscela. Più è alta questa concentrazione e maggiore risulta la portata.
- Volatilità e temperatura di un liquido infiammabile. Nel caso in cui l'emissione derivi da un liquido evaporato, la sua portata dipende dalla tensione di vapore e dalla temperatura del liquido, in quanto aumentandola, aumenta anche la tensione di vapore.
Per il calcolo di questa portata, nella guida CEI 31-35 sono indicate ed esplicitate una serie di formule da utilizzare nei vari casi di emissione, come ed esempio: portata di gas in singola fase, portata di liquido che non evapora all'emissione, portata di liquido che evapora all'emissione, portata di evaporazione da una pozza di un liquido refrigerato, etc.
Figura 4.3 - Esempio di sorgente di emissione di primo grado. Apertura per il caricamento di un liquido infiammabile (Rivista UNAE)
- 4° PASSO: Occorre stabilire il grado di ventilazione all'interno dell'ambiente nel quale può formarsi un'atmosfera esplosiva. E' evidente a tutti che la ventilazione è un fattore fondamentale nella valutazione della pericolosità, poichè un locale ad elevata ventilazione permette la diluizione rapida per dispersione nell'aria dei gas o vapori pericolosi. Il grado di ventilazione influisce profondamente nella classificazione in zone (0, 1 e 2) dell'ambiente. La ventilazione, consente insomma un ricambio dell'atmosfera con aria fresca, il quale può avvenire in due modi:
- Ventilazione naturale. Per gli impianti all'aperto (tipo industria petrolifera) dipende dalla natura del vento in quel luogo, mentre per gli impianti al chiuso dipende dalle aperture appositamente realizzate allo scopo.
- Ventilazione forzata. Per gli impianti realizzati in spazi chiusi, la ventilazione può essere realizzata attraverso l'uso di ventilatori e aspiratori, che agiscono nell'ambiente in generale (installati su soffitti e pareti), oppure su una zona particolare dell'impianto considerata a rischio di atmosfera esplosiva. La ventilazione forzata può essere a volte utilizzata anche per impianti all'aperto, se le zone a rischio vengono ritenute troppo riparate.
Ribadiamo l'importanza che assume la ventilazione in impianti come questi. Essa può consentire di ribaltare anche la valutazione fatta precedentemente attraverso l'analisi delle sorgenti e il calcolo della loro portata di emissione. Infatti una buona ventilazione permette di ridurre lo spazio e il tempo delle zone pericolose, e alcune volte anche addirittura di prevenire la formazione di un'atmosfera esplosiva.
La norma CEI 31-30 definisce tre gradi di ventilazione:
- Alto. Quando la ventilazione è in grado di ridurre quasi istantaneamente la concentrazione della sorgente di emissione, limitando la concentrazione al di sotto del LEL.
- Medio. Quando la ventilazione è comunque in grado di influire sulla concentrazione dell'emissione, riducendone l'estensione e limitandone il tempo di persistenza quando l'emissione cessa.
- Basso. Quando la ventilazione non riesce a limitare più di tanto la concentrazione durante l'emissione, e una volta cessata non riesce a limitare il tempo di persistenza dell'atmosfera esplosiva formatasi.
Lette così queste definizioni sono quanto di più generico possa esserci, e quindi per valutare in modo maggiormente concreto l'efficacia di una ventilazione e di conseguenza il suo grado, è d'obbligo affidarsi a calcoli, ipotesi e sperimentazioni, che non sono comunque l'oggetto di questa nostra trattazione.
Figura 4.4 - Esempio di sorgente di emissione di secondo grado. Valvole manuali che nel funzionamento normale non emettono sostanze infiammabili (Rivista UNAE)
- 5° PASSO: Occorre definire le zone pericolose utilizzando la tabella b1 della norma CEI 31-30 (vedi tabella 4.2)
Grado della emissione |
Grado della ventilazione |
Alto |
Medio |
Basso |
Disponibilità della ventilazione |
Buona |
Adeguata |
Scarsa |
Buona |
Adeguata |
Scarsa |
Buona, Adeguata o scarsa |
Continuo |
Luogo non pericoloso |
Zona 2 |
Zona 1 |
Zona 0 |
Zona 0 circondata da Zona 2 |
Zona 0 circondata da Zona 1 |
Zona 0 |
Primo |
Luogo non pericoloso |
Zona 2 |
Zona 2 |
Zona 1 |
Zona 1 circondata da Zona 2 |
Zona 1 circondata da Zona 2 |
Zona 1 o Zona 0 |
Secondo |
Luogo non pericoloso |
Luogo non pericoloso |
Zona 2 |
Zona 2 |
Zona 2 |
Zona 2 |
Zona 1 o Zona 0 |
Tab. 4.2 - Classificazione in zone in base al grado di emissione della sorgente e al grado di ventilazione dell'ambiente
- 6° PASSO: Occorre definire l'estensione delle zone pericolose calcolando la distanza pericolosa, intesa come la distanza dalla sorgente di emissione a partire dalla quale la concentrazione del gas o vapore infiammabile diventa inferiore a k*LEL (dove k è un coefficiente che vale 0,25 per emissioni di grado continuo e primo, e vale 0,5 per emissioni di grado secondo). In pratica questa distanza è utile per definire, se non l'estensione vera e propria, almeno le dimensioni delle zone pericolose. Questa distanza dz, (per il calcolo della quale, la guida CEI 31-35 fornisce formule applicabili a vari casi) infatti definirebbe una sfera attorno alla sorgente di emissione, mentre l'estensione reale tiene conto anche di altri fattori, come quelli analizzati ai punti precedenti: portata dell'emissione, direzione dell'emissione, ventilazione, caratteristiche delle sostanze infiammabili, etc. Il risultato è che la forma dell'estensione risulterà diversa da una sfera, e in ogni situazione assumerà una forma geometrica differente.
Figura 4.5 - Esempio di ciò che non è considerato sorgente di emissione. Contenitori di vernici con coperchi sigillati (Ditta Kezal - Rivista UNAE)
Continua...
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