LA SICUREZZA ELETTRICA
IN BASSA TENSIONE
Protezione delle
condutture (3)
12.5
Corto circuito
Se il valore dell’impedenza di un circuito
scende al di sotto del valore di pieno carico, il sistema assorbe
una corrente che è tanto maggiore quanto minore è il valore
dell’impedenza Z. Al limite per Z che tende a zero il valore
della corrente assorbita tende all’infinito. Questo non si verifica
mai perché il valore dell’impedenza a monte del guasto, per
quanto piccolo possa essere, non è mai nullo. Dopo un periodo
transitorio, dipendente dai parametri dell’impianto, il fenomeno
assume carattere permanente. La corrente di corto circuito è
quindi composta da due termini: uno sinusoidale e simmetrico
all’asse dei tempi e uno unidirezionale transitorio, con andamento
esponenziale e che si estingue dopo un certo tempo, dovuto alla
presenza dell’induttanza del circuito. La componente unidirezionale
rende la corrente di corto circuito asimmetrica durante il
periodo transitorio per diventare praticamente simmetrica dopo
tale periodo.
Fig.
12.6 – Andamento reale
della corrente di corto circuito
Fig.
12.7 – Andamento convenzionale
della corrente di corto circuito
L’intensità della corrente di corto circuito,
considerando trascurabile l’impedenza di contatto del punto
di guasto (generalmente lo scopo consiste nel determinare il
valore più elevato della corrente di corto circuito e quindi
si può considerare la situazione più gravosa), dipende dai
seguenti fattori :
1.
Dalla potenza in kVA, a parità della tensione di corto
circuito del trasformatore di cabina che alimenta l’impianto
(Tensione di corto circuito Ucc - Tensione che applicata al
primario del trasformatore, con i morsetti del secondario chiusi
in corto circuito, fa circolare nel secondario la corrente nominale
- nei trasformatori MT/BT è dell’ordine del 5% - 6% della tensione
nominale), nel senso che maggiore è la potenza del trasformatore
maggiore è la corrente;
2.
Dai modi in cui si verifica il C.C. ; tra fase
e fase, tra fase e neutro, tra fase e terra, fra tre fasi. Il
corto circuito trifase è il più pericoloso anche se si verifica
raramente non dipendendo normalmente da cause accidentali ma
da manovre errate da parte del personale che gestisce gli impianti ;
3.
Dall’impedenza del tratto di linea posto fra trasformatore
e punto di guasto (direttamente proporzionale alla lunghezza
ed inversamente proporzionale alla sezione).
Generalizzando il valore della corrente
di corto circuito può essere calcolato mediante la seguente
relazione:
I valori più elevati di corrente di corto
circuito si hanno vicino ai morsetti di bassa tensione del trasformatore;
allontanandosi dal trasformatore le correnti di corto circuito
diminuiscono notevolmente per assumere valori molto bassi al
termine delle linee lunghe. La determinazione per via analitica
delle correnti presunte di corto circuito è piuttosto laboriosa,
ma in pratica si possono ottenere risultati accettabili con
l’ausilio di tabelle o meglio con programmi sviluppati al calcolatore.
In ogni caso volendo determinare la corrente di cortocircuito
presunta in un punto dell’impianto bisogna innanzi tutto calcolare
le resistenze e le reattanze nei vari punti dell’impianto (tab.
12.7) ed infine calcolare la corrente di corto circuito (corrente
di corto circuito trifase presunta) con la nota formula:
Con
U (tensione nominale a vuoto fra le fasi del trasformatore)
espressa in V e R e X espressi in mW la ICC
risulta in kA.
Componenti
dell’impianto
|
Resistenze
(mW)
|
Reattanze
(mW)
|
Rete a
monte
|
Scc = potenza di corto
circuito
A monte del trasformatore in MVA
|
|
Trasformatore
|
PCu = perdite nel rame
(kW)
Sn = Potenza nominale
(kVA)
|
Ucc = tensione di corto
circuito percentuale (%)
|
Interruttori
|
Trascurabili
|
Trascurabili
|
Collegamenti in cavo
|
L = lunghezza (m)
S = sezione (mm2)
r = resitività (mm2 mW/m)
|
X3 Valori
di reattanza da desumere dalle tabelle dei costruttori
per i casi generali o da calcolare per i casi particolari
|
Collegamenti in sbarre
|
L = lunghezza (m)
S = sezione (mm2)
r = resitività (mm2 mW/m)
|
X3 Valori
di reattanza da desumere dalle tabelle dei costruttori
per i casi generali o da calcolare per i casi particolari
|
Tab.
12.7 - Determinazione
delle resistenze e delle reattanze nei vari punti dell’impianto.
12.6
Protezione contro il cortocircuito
12.6.1 Energia specifica passante
(I2t)
In caso di corto circuito le parti di
un impianto interessate al guasto vengono sottoposte a sollecitazioni
dinamiche e termiche che sono proporzionali al quadrato della
corrente di guasto e al tempo impiegato dalle protezioni per
interromperla. Durante la fase di eliminazione del guasto si
sviluppa una certa quantità di energia che è lasciata passare
dal dispositivo di protezione durante il suo intervento :
questa energia si trasforma in calore (W=RxI2t) che
va a sollecitare le varie parti dell’impianto. Questa energia
prende il nome di “energia specifica passante” chiamata integrale
di Joule (
), o più semplicemente indicata col termine I2 t
(A2s). Viene detta specifica in quanto è espressa
per unità di resistenza dei vari elementi del circuito ed è
la stessa per tutti i suoi componenti percorsi in serie dalla
stessa corrente. La conoscenza dell’energia specifica passante
è fondamentale per il dimensionamento e la protezione delle
varie parti dell’impianto ed inoltre per stabilire la protezione
di sostegno (back-up) e la selettività fra interruttori.
Fig. 12.8
- Integrale di Joule (energia
specifica passante) calcola l’area sottesa dalla curva rappresentante
la corrente di guasto rispetto all’asse dei tempi.
12.6.2 Corto circuito ad inizio linea
(ICCmax)
Il dispositivo deve interrompere la corrente
di corto circuito prima che possano essere danneggiati, a causa
degli effetti termici dovuti all’energia passante e a quelli
meccanici dovuti alle sollecitazioni di origine elettrodinamica,
i conduttori e le connessioni. Deve essere installato all’inizio
della conduttura protetta con una tolleranza di 3 m dal punto
di origine se non vi è pericolo d’incendio e se si prendono
le normali precauzioni atte a ridurre al minimo il rischio di
corto circuito. Deve essere scelto con una corrente nominale
tale da evitare che il dispositivo possa intervenire per correnti
inferiori o uguali a quella d’impiego (deve essere :
dove In è la corrente nominale o di regolazione dell’interruttore.
Questa condizione è imposta anche per la protezione da sovraccarico).
Il suo potere d’interruzione non deve essere inferiore al valore
efficace della componente simmetrica della corrente presunta
di corto circuito nel punto d’installazione. L’intervento deve
essere abbastanza rapido da impedire che il cavo possa assumere
temperature superiori al limite ammissibile limitando quindi
l’energia termica passante a valori sopportabili dal conduttore.
Deve essere quindi verificata la condizione :
(12.11)
(Energia specifica passante)
dove:
, espressa in A2s, è l’energia specifica (per unità
di resistenza) lasciata passare dall’interruttore;
K è una costante caratteristica dei cavi
che dipende sia dal materiale del conduttore sia dal tipo di
isolante (tab. 12.8);
S è la sezione del cavo in mm2.
Il valore di
deve essere fornito dal costruttore che normalmente mette
a disposizione curve caratteristiche per ogni apparecchio. Nel
caso di interruttori con intervento ritardato il valore di
deve essere calcolato come prodotto del quadrato del valore
efficace della corrente di cortocircuito per il tempo totale
di apertura.
Costante
K
|
conduttore
|
rame
|
alluminio
|
Isolante
|
PVC
|
115
|
74
|
G2
|
135
|
87
|
EPR/XLPE
|
143
|
87
|
I valori K sono stabiliti dalle Norme
e sono validi per corto circuiti di durata non superiore a
, entro i quali si assume che il riscaldamento dei conduttori
avvenga in modo adiabatico, cioè senza trasmissione di calore
all’isolante ed alle parti circostanti. La verifica consiste
nel confrontare le curve caratteristiche dell’energia passante
del dispositivo, in funzione della corrente presunta di corto
circuito, con l’energia specifica passante (K2S2
) tollerabile dal conduttore.
12.6.3 Corto circuito in fondo alla
linea (Iccm)
L’intervento delle protezioni deve in
alcuni casi essere verificato anche in fondo alla linea dove
la corrente di corto circuito Iccm potrebbe essere
di valore modesto (anche se la presenza di una protezione termica
è in genere considerata sufficiente a garantire la protezione
contro il corto circuito in fondo alla linea) tale da non permettere
l’intervento della protezione magnetica in tempo utile. Il
calcolo si può effettuare come segue:
;conduttore di neutro non distribuito
;conduttore di neutro distribuito
dove:
U (V) è la tensione concatenata
di alimentazione;
r (W*mm2/m) è la resistività
a 20° C del materiale del conduttore (0,018 per il rame, 0,027
per l’alluminio);
L (m) è la lunghezza della conduttura
da proteggere;
SF (mm2)
è la sezione del conduttore di fase;
Iccm è la corrente di
corto circuito in fondo alla linea;
U0 (V) è la tensione
di fase di alimentazione;
m è il rapporto tra la sezione
del conduttore di fase e la sezione del conduttore di neutro.
Nelle formule si utilizza un coefficiente
( 0,8) che tiene conto della riduzione della tensione di alimentazione
che si ha a causa della corrente di corto circuito e un coefficiente
(1,5) che tiene conto dell’aumento della resistenza dei conduttori
dovuto al loro riscaldamento.
Fattore Kx (reattanza
dei cavi)
|
Sez. cavo (mm2)
|
120
|
150
|
185
|
240
|
300
|
Kx
|
0,9
|
0,85
|
0,80
|
0,75
|
0,72
|
Fattore Kp (cavi
in parallelo)
|
n° cavi in parall.o
|
1
|
2
|
3
|
4
|
5
|
Kp
|
1
|
2
|
2,65
|
3
|
3,2
|
I fattori Kx e Kp
sono da utilizzarsi rispettivamente in presenza di cavi di sezione
superiore a 95 mm2, per tenere conto della loro reattanza,
e nel caso di diversi conduttori in parallelo.
12.6.4 Condizioni generali di protezione
A seconda che la protezione avvenga tramite interruttore automatico
oppure fusibile occorre fare alcune distinzioni.
Fig. 12.10
- Confronto tra l’energia specifica passante attraverso un
interruttore automatico e quella sopportabile da un cavo in
condizioni adiabatiche.
- Interruttore magnetico combinato
con fusibile
In questo caso il dispositivo
di protezione contro i sovraccarichi deve rispondere alla
12.9 e alla 12.10 (condizioni per la protezione dai sovraccarichi)
e alle condizioni specificate nel paragrafo relativo alle
"condizioni generali di protezione". In ogni caso
le caratteristiche dei due dispositivi devono essere coordinate
in modo che l’energia I2t che il dispositivo di
protezione contro i corto circuiti lascia passare non danneggi
il dispositivo di protezione contro i sovraccarichi. Ne consegue
che il dispositivo di protezione contro i corto circuiti deve
essere installato sempre a monte del dispositivo di protezione
contro i sovraccarichi.
continua....
|