Locali ad uso medico (1/2)
1. Locali di gruppo 0 e gruppo 1 (ex tipo B e A)
1.1 Generalità
Fra i locali considerati a maggior rischio elettrico, e quindi soggetti a specifiche prescrizioni (nuova sezione 710 della norma CEI 64-8 che sostituisce la norma CEI - 64-4), rientrano i locali adibiti ad uso medico. Ci si riferisce con questi termini agli ospedali, alle cliniche ma anche, più in generale, a tutti quei luoghi in cui si praticano cure su persone o animali, compresi i locali in cui si effettuano trattamenti estetici, idro-terapeutici, massoterapici, ecc.. Gli impianti installati in questi locali, come richiesto dalla Legge 46/90 e dal DPR 447/91, devono, quando la potenza impegnata è superiore a 1,5 kW, essere sempre progettati da un tecnico abilitato e necessitano di alcuni accorgimenti specifici. Le ragioni che inducono a porre tanta cura a questi particolari ambienti risiedono nel fatto che i pazienti che frequentano questi locali sono solitamente in precarie condizioni fisiche, tali da rendere pericolose anche scariche elettriche di modesta entità (microshock), principalmente nei locali di chirurgia, anestesia e rianimazione. Non tutti gli ambienti medici però sono pericolosi allo stesso modo quindi si rende necessaria, in funzione del rischio elettrico presunto, un'attenta classificazione dei locali. Una delle difficoltà maggiori che solitamente incontra il professionista nella stesura del progetto è proprio la classificazione dei locali che è sempre bene effettuare in collaborazione col direttore sanitario o con il medico titolare. Trascurando per il momento gli impianti negli ambienti medici delle strutture ospedaliere, ed in particolare i locali del gruppo 2 destinati ad essere utilizzati per operazioni chirurgiche, cui si rimanda ad altra trattazione, si vuole concentrare l'attenzione sui più diffusi, ma spesso negletti, ambulatori medici alimentati in bassa tensione direttamente dall'Ente distributore con sistema TT. È evidente che gli ambulatori non sono tutti uguali (l'ambulatorio del medico di base non è uguale a quello di un odontoiatra o di un medico veterinario che svolge attività chirurgiche, il negozio di una parrucchiera non è uguale dal punto di vista impiantistico a quello di un'estetista dove si applicano apparecchiature elettriche per uso estetico direttamente sulle persone) ed è per questo motivo che la Norma classifica gli ambulatori in locali di gruppo 0 e di gruppo 1 (ex tipo B e tipo A).
1.2 Locale di gruppo 1
Sono da considerare locali di gruppo 1 tutti gli ambulatori in cui sono impiegati apparecchi elettromedicali con parti applicate al paziente esternamente o anche invasivamente entro qualsiasi parte del corpo, ad eccezione della zona cardiaca(ambulatorio odontoiatrico, centro estetico dove si impiegano macchine ad uso estetico, ecc..). Può essere utile a questo punto riportare la definizione che le Norme forniscono di apparecchio elettromedicale o ad uso estetico: “ Apparecchio elettrico munito di non più di una connessione ad una particolare rete di alimentazione destinato alla diagnosi, al trattamento o alla sorveglianza del paziente sotto la supervisione di un medico (un estetista se si tratta di centro estetico), e che entra in contatto fisico o elettrico col paziente e/o trasferisce energia verso o dal paziente e/o rivela un determinato trasferimento di energia verso o dal paziente” (Norme CEI 62-5 per gli apparecchi elettromedicali e 62-39 per gli apparecchi ad uso estetico). Diverse, rispetto a quelli del gruppo 0, sono le attenzioni da dedicare a questo tipo di ambulatori in cui risulta necessario adottare alcuni accorgimenti impiantistici particolari. Solitamente si tratta di locali inseriti all'interno di strutture con destinazioni d'uso anche diverse da quelle di uso medico (ad esempio un appartamento di civile abitazione in cui sono ricavati alcuni locali adibiti ad ambulatorio medico) ; in questi casi è bene ricordare che tutta l'unità immobiliare che ospita questi locali è soggetta all'obbligo di progetto (DPR 447/91 art.4) anche se non tutti i locali sono del gruppo 0 o 1(ad esempio una sala d'attesa è da considerare ambiente ordinario).
1.2.1 Continuità del servizio
Assume in questo caso una discreta importanza la continuità del servizio perciò si consiglia di realizzare la selettività di intervento, sia verticale sia orizzontale, degli interruttori differenziali. Detta selettività si può ritenere ottenuta se il rapporto fra la corrente differenziale nominale del dispositivo a monte è di almeno tre volte superiore a quella del dispositivo a valle con tempi di intervento via via decrescenti per i dispositivi installati a valle. L'eventuale presenza di uno o più apparecchi che potrebbero generare una componente continua di scarica a terra consigliano inoltre, come espressamente richiesto dalla norma, l'impiego di interruttori differenziali di tipo A anziché di tipo AC (se necessario di tipo B). Più difficile è ottenere la selettività verticale sul cortocircuito perché impiegando interruttori modulari sia a monte che a valle esiste sempre la possibilità che in caso di corto circuito possa intervenire l'interruttore generale o addirittura quello dell'Ente distributore.
1.2.2 Protezione contro i contatti indiretti
Il sistema di protezione più frequentemente utilizzato in questi casi è quello con interruzione automatica del circuito mediante l'impiego di interruttori differenziali con Idn non superiore a 30 mA opportunamente coordinati secondo la Norma CEI 64-8, considerando come tensione limite UL 25 V anziché 50 V come negli ambienti ordinari:
Dove:
RA è la somma delle resistenze del dispersore dell'impianto di terra e dei conduttori di protezione delle masse in ohm;
IA è la corrente che provoca l'intervento automatico del dispositivo di protezione in ampere.
Negli edifici di nuova costruzione non esistono normalmente problemi ad ottenere un corretto coordinamento ma qualche problema potrebbe sorgere se l'impianto di messa a terra, che in genere è quello condominiale, è installato in vecchi edifici. In questi casi sarà bene verificare frequentemente e con regolarità il buono stato dei collegamenti. Per ridurre a valori non pericolosi la corrente che potrebbe attraversare il corpo del paziente si rende inoltre necessaria l'equalizzazione del potenziale effettuando un collegamento a bassa resistenza tra le masse e/o masse estranee. Con la nuova norma viene introdotta la cosidetta zona paziente: "qualsiasi volume in cui un paziente con parti applicate può venire in contatto intenzionale, o non intenzionale, con altri apparecchi elettromedicali o con masse estranee, direttamente o per mezzo di altre persone in contatto con tali elementi". Solo le masse estranee e le masse che si trovano all'interno della zona paziente devono essere collegate ad un nodo equipotenziale comune. Sono da considerare interne alla zona paziente le masse e le masse estranee che si trovano in verticale ad una quota inferiore a 2,5 m dal pavimento (fig. 1.2.1) o, in orizzontale, ad una distanza inferiore a 1,5 m dal paziente ( fig. 1.2.2) considerando anche le eventuali diverse posizioni che il paziente, quando è in contatto con apparecchi alimentati dalla rete, potrebbe assumere se fosse spostato dal posto originario.
Fig. 1.2.1 - La zona paziente in verticale
Fig. 1.2.2 - La zona paziente in orizzontale
Da ricordare inoltre che la nuova norma introduce l'obbligo dell'interruttore differenziale con Idn inferiore o uguale a 30 mA a protezione dei circuiti che alimentano prese di corrente fino a 32 A (fig. 1.2.3).
Fig. 1.2.3 - Nei locali di gruppo uno è richiesta la protezione differenziale ( interruttori differenziali di tipo A o B) con Idn inferiore o uguale a 30 mA su tutti i circuiti che alimentano prese di corrente fino a 32 A
Continua...