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Punti di vista  

 

Un punto di partenza per una libera discussione

PUNTI DI VISTA

04/04/2001

Speranza a idrogeno?

Le ricorrenti crisi petrolifere hanno quantomeno un pregio (se consideriamo, realisticamente, solo fatti episodici le domeniche senz’auto in città che “illuminate” amministrazioni comunali propinano ogni tanto ai loro concittadini): quello di riaccendere il dibattito sulle energie alternative. Lo scrivente, da sempre incapace di rinunciare all’utopia, vent’anni fa esponeva pannelli fotovoltaici in fiere locali, suscitando indubbia curiosità da parte dei visitatori. Curiosità, e basta. E risultati non esaltanti diede l’iniziativa dell’Enel, che finanziava una parte dell’investimento neccessario ad installare, nel giardino o sul tetto di casa, collettori solari per la produzione di acqua calda. Ha pesato, indubbiamente, l’inerzia legata all’avvio di segmenti di mercato nuovi, e alternativi all’esistente; in particolare in Italia, perché sono ben note situazioni extraeuropee ed europee in cui l’energia solare e quella eolica hanno trovato tutt’altra accoglienza: Israele e Danimarca, ad esempio, rappresentano realtà significative di paesi che hanno spinto l’acceleratore della ricerca e delle applicazioni in questo campo, finché il solare nel primo e l’eolico nel secondo sono divenuti voci insostituibili (anche percentualmente) della produzione energetica nazionale. E molto interessante è l’esperienza giapponese nelle celle a idrogeno, che ha portato a realizzare in Estremo Oriente centrali da alcuni megawatt. Difficoltà molto inferiori, tuttavia, ha incontrato il decollo delle tecnologie telematiche su cui è sorta la new economy. Non entriamo nel merito delle motivazioni economiche alla base dei due fenomeni, suscettibili di notevoli approfondimenti, per cui si rimanda ad altro editoriale. Qui si vuole esplorare, un po’ più in dettaglio, il sentiero italiano al “piccolo idrogeno”, come può definirsi la tecnologia delle celle a idrogeno o celle a combustibile, in contrapposizione (ma solo quantitativa) al “grande idrogeno” delle centrali nucleari a fusione di deuterio e trizio, che dell’idrogeno sono isotopi (tecnologia acquisita a tutt’oggi solo a livello sperimentale). Nella fattispecie, anche noi abbiamo una centrale, all’interno del tessuto urbano milanese, realizzata con celle a idrogeno (non inquinanti e non più avveniristiche, nei fatti): quella della Bicocca, area ex Pirelli (zona Lambrate), che rifornisce di qualche megawatt il popoloso quartiere. Ma come funziona la cella a idrogeno? A livello teorico la cella a idrogeno è un generatore elettrochimico in cui entrano l’idrogeno (il combustibile) e l’ossigeno (l’ossidante); la cella fornisce in uscita corrente elettrica continua, acqua e calore. Come una comune pila, la cella a combustibile è costituita da due elettrodi, anodo e catodo, e da un elettrolita (in questo caso polimero) che rende possibile il passaggio degli ioni, cioè atomi non più neutri perché caricati positivamente o negativamente (vedi figura). La similitudine si ferma qui. L’idrogeno fluisce verso l’anodo di platino, dove libera elettroni, lasciando ioni di carica positiva o cationi; gli elettroni passano nel circuito elettrico esterno, mentre i cationi si diffondono attraverso l’elettrolita. L’ossigeno è a contatto con il catodo, dove gli elettroni si combinano con gli ioni idrogeno e con l’ossigeno, formando acqua come residuo del processo. Anodo e catodo sono separati dall’elettrolita, che costituisce lo strato centrale polimerico, e sono porosi, al fine di alimentare le due reazioni fondamentali della cella: l’ossidazione dell’idrogeno e la riduzione dell’ossigeno. Tra l’anodo e il catodo si preleva la corrente elettrica continua che fluisce nel circuito esterno, come in una pila tradizionale. 

Cella a combustibile

Oltre all’acqua, si hanno gas esausti da rimuovere come residui del processo: né l’acqua, né i gas esausti contengono inquinanti, e ciò costituisce uno degli aspetti più interessanti di questa tecnologia. Dal punto di vista storico, la nascita (teorica) delle celle a idrogeno risale al 1839, ad opera del fisico britannico William R.Grove. Ma la prima realizzazione pratica si ha negli anni ’60, quando la NASA ne costruì alcune versioni leggere, da installare sui veicoli spaziali. Ai nostri giorni le celle a idrogeno sembrano suscettibi-li di aprire nuovi varchi nella propulsione di automobili e scooter elettrici, nella generazione domestica di energia, nell’alimentazione di telefoni cellulari e computer portatili. Occorre fare però alcune precisazioni, centrate sul ruolo dell’idrogeno come futuro, ipotetico sostituto del petrolio. Sono, purtroppo, molto attuali le avvisaglie dei disastri imputabili all’effetto serra, causato principalmente dalle emissioni di anidride carbonica: l’alluvione nel Nord-Est italiano dell’autunno 2000 rischia di essere uno dei drammatici eventi anticipatori dei cambiamenti mondiali del clima. Per abbattere l’effetto serra è imperativo limitare l’uso dei combustibili fossili: carbone, petrolio, e derivati del petrolio. In quest’ottica, il ricorso all’idrogeno si presenta, almeno sulla carta, come la grande chance energetica, da giocare in fretta. Volendo schematizzare, tre sono le principali direttrici legate all’impiego dell’idrogeno:

- Centrali nucleari a fusione di deuterio e trizio (isotopi dell’idrogeno): ad oggi solo sperimentali, si prevede che diventino la principale risorsa energetica mondiale, ma non prima degli ultimi decenni del secolo.

- Motori a scoppio per autoveicoli, utilizzanti idrogeno al posto della benzina: si tratta di un argomento antico, supportato da lunga sperimentazione e indubbi risultati, che tuttavia non sono mai approdati, in modo significativo, a livello commerciale.

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