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Disturbi elettrici causati dalla
commutazione di carichi induttivi

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I picchi di corrente che si verificano all'inserzione di carichi capacitivi possono danneggiare o distruggere gli elementi di comando. Inoltre, la componente ad alta frequenza del picco di corrente può portare a dei seri disturbi alle apparecchiature elettroniche, causati dall'accoppiamento induttivo dei cavi di collegamento. Alla disinserzione di un carico induttivo invece l'energia immagazzinata tende ad opporsi scaricando in linea un picco di tensione che può danneggiare o distruggere l'elemento di comando. Inoltre la componente ad alta frequenza del picco di tensione può causare disturbi provocati dall'accoppiamento capacitivo fra i cavi di collegamento. Causa principale del sovraccarico per l'interruttore, per l'utilizzatore come pure per l'intero circuito è l'accumularsi d'energia, soprattutto dovuto alle parti di carico induttivo del dispositivo. Le considerazioni seguenti valgono in linea di massima sia per interruttori elettromeccanici che a semiconduttori (es. relè allo stato solido SSR). Per motivi di chiarezza si usa genericamente il concetto di “contatto”. All'apertura del contatto di comando, la corrente cerca di scorrere senza modifiche nella bobina. L'utilizzatore induttivo rappresenta cioè in questo istante una sorgente di corrente costante. Secondo la legge dell'induzione, la tensione all'induttanza L si commuta, in quanto la stessa da utilizzatore si trasforma in sorgente d'energia. Se il contatto K è di tipo elettromeccanico, la diminuzione della corrente avviene solo lentamente a causa del più o meno marcato arco di apertura. Crescendo l'apertura di K, l'arco si interrompe. Unica possibile via per la corrente rimane la capacità parassita CP, che si carica.

Fig. 1 - Schema equivalente della bobina di un relè, contattore, ecc.

Trascurando le perdite che intervengono in RL e ritenendo per semplicità che l'apertura stessa avvenga senza formazione di arco e senza rimbalzi, si ha, considerando l'energia, un'ampiezza della tensione UCP pari a:

cioè, dati i valori di i e di L, il valore della tensione d'induzione nell'utilizzatore è determinata soltanto dal valore di CP. Dall'equazione riportata si vede che quando CP= 0 la tensione tende teoricamente all'infinito. Occorre eliminare questa energia. In pratica i rapporti sono più favorevoli, in quanto già durante l'apertura si ha un'eliminazione d'energia attraverso RL e l'eventuale formazione dell'arco. D'altra parte l'arco richiama dalla tensione di alimentazione altra energia, anche se non desiderata. Ciò causa non solo un ritardo, per lo più svantaggioso, nell'apertura dell'apparecchio, ma aumenta le conseguenze dell'arco provocando:

•  migrazione di materiale (formazione di crateri e di punte con eventuale incollamento dei contatti);
•  evaporazione del materiale (bruciatura e danneggiamenti delle caratteristiche d'isolamento delle superfici vicine a causa del metallo precipitato);
•  sviluppo di calore;
•  ossidazione del contatto (aumento della resistenza di contatto, contatto difettoso).

Nell'applicazione e nell'analisi si deve distinguere fra carichi alimentati in corrente continua e in corrente alternata, come meglio si vedrà in seguito. La struttura fisica e le caratteristiche di un carico induttivo rendono impossibile la commutazione senza disturbi elettrici, se non si ricorre ad adeguati provvedimenti. Da ciò deriva la necessità di ridurre l'entità dei disturbi al minimo possibile. La soppressione, almeno parziale, dei disturbi si ottiene applicando un adeguato modulo antidisturbo in parallelo al carico induttivo. Nel caso ideale il modulo antidisturbo dovrebbe permettere di sopprimere totalmente l'aumento della tensione e di scaricare nel più breve tempo possibile l'energia magnetica. Inoltre il modulo antidisturbo non deve costituire un carico supplementare durante la fase di lavoro statico a regime. è da notare che i disturbi si propagano sia attraverso i cavi di collegamento che per via elettromagnetica. Non si deve quindi considerare solo la fonte di disturbo come elemento propagatore, ma anche tutti i cavi ad essa collegati. L'induttanza dei cavi di collegamento causa un effetto limitatore del disturbo con l'aumento della lunghezza. La trasmissione del segnale di disturbo può coinvolgere altri cavi nelle vicinanze per via capacitiva. Questo fenomeno è direttamente proporzionale e aumenta con la lunghezza dei cavi che corrono paralleli. Quindi in definitiva i disturbi devono essere soppressi possibilmente alla loro origine. Se il disturbo si propaga tramite il cavo o per trasmissione elettromagnetica, la sua soppressione all'ingresso degli apparecchi è molto più onerosa rispetto all'antidisturbo necessario per sopprimerlo alla sua fonte. L'antidisturbo più economico e più facile da montare è quello da applicare in parallelo direttamente sulla fonte del disturbo. Vari tipi di custodia progettati per le varie fonti di disturbo permettono un facile e veloce montaggio. Questa soluzione permette anche di minimizzare la propagazione del disturbo attraverso i cavi di collegamento. Come regola fissa si può dire che le sovratensioni provocate dalla commutazione di carichi induttivi sono tanto più grandi quanto più elevato è il valore dell'induttanza e quanto più piccolo è il tempo di disinserzione. Ciò significa che il massimo valore di sovratensione si avrà con alti valori di induttanza e corti tempi di disinserzione. I valori di sovratensione possono effettivamente raggiungere in alcuni casi anche i 10 kV. La soppressione, o almeno la limitazione a valori accettabili dall'elettronica delle sovratensioni, è assolutamente necessaria. Fondamentalmente non c'è differenza se il dispositivo viene applicato all'utilizzatore oppure all'interruttore, ma il metodo più efficace, come si è detto in precedenza, è quello di applicare un modulo di soppressione disturbi direttamente in parallelo al carico induttivo da commutare. La disposizione al contatto è opportuna quando la sua protezione è di primaria importanza, cosa che avviene con elementi a semiconduttore (relè allo stato solido) o nel caso di contatti elettromeccanici che commutano in DC un carico ohmico induttivo. La circolazione di corrente durante la fase di apertura di un contatto alimentato in DC è provocata dalla ionizzazione dei gas nella camera di commutazione. La ionizzazione è a sua volta provocata dall'accensione dell'arco, che si verifica quando i contatti incominciano ad aprirsi. Le alte temperature, sempre abbinate alla presenza di un arco elettrico, provocano ovviamente una migrazione di materiale dei contatti. Nei casi dove l'energia dell'arco sia tale da compromettere la durata di vita o addirittura il buon funzionamento dei contatti, diventa necessario applicare dei circuiti di soppressione dell'arco al contatto. L'energia sviluppata dall'arco è proporzionale sia al valore della tensione di esercizio che alla corrente assorbita dal carico. L'applicazione al contatto è vantaggiosa nei casi in cui quella all'utilizzatore provoca aumenti non desiderati della potenza d'esercizio.

In generale però nel circuito per il contatto prevalgono gli svantaggi:

  • viene caricato, considerando il rapporto di fase, dalla somma della tensione induttiva d'alimentazione e dell'utilizzatore, mentre il circuito sul carico è soggetto ad una tensione soltanto;
  • non si ha alcuna separazione galvanica dell'utilizzatore, cosa che avviene nel caso di contatti meccanici;
  • nel caso di guasto di un componente nel circuito disposto sul contatto, può accadere che il carico rimanga alimentato a causa o della corrente nel circuito di protezione o di una breve eccitazione dovuta alle correnti di carica, allorchè viene collegato alla tensione d'alimentazione;
  • oscillazioni causate dall'apertura del circuito “vagano” tra l'alimentatore, il cavo e i contatti;
  • per i contatti disposti in serie, ognuno ha bisogno del proprio circuito oppure in certe condizioni serve un cavo di collegamento più lungo;
  • non si può completare il circuito di protezione con la segnalazione di funzionamento corretto.

Partendo dalla considerazione che, per quanto possibile, in primo luogo sono da combattere le cause dei disturbi e non gli effetti, va data quindi la preferenza di regola alla protezione all'utilizzatore. Un altro problema si ha nel caso di commutazione di carichi induttivi con contatti elettromeccanici: durante la fase di commutazione il contatto meccanico è sottoposto ad un tempo durante il quale i contatti si toccano varie volte tra di loro. Questo tempo viene normalmente definito tempo di rimbalzo. Il fenomeno è dovuto all'energia cinetica della parte mobile che porta a colpire violentemente i contatti, la cui elasticità provoca i sopra citati rimbalzi. Se la tensione di esercizio è superiore alla tensione di formazione dell'arco, si avrà una formazione dell'arco che si accenderà e spegnerà varie volte in funzione del numero di rimbalzi. Durante questa fase si verifica una notevole migrazione del materiale dei contatti ed un surriscaldamento degli stessi. Risulta evidente che questo fenomeno condiziona notevolmente la durata di vita del contatto stesso. Per la soppressione dell'arco sui contatti è vantaggioso l'impiego di circuiti antidisturbo RC. In molti casi la formazione dell'arco viene evitata o mantenuta a livelli minimi. Nelle applicazioni in cui sia richiesto un minimo tempo di ritardo alla disinserzione e basi livelli di tensione residua di disturbo, il circuito con un varistore e resistenza/condensatore in parallelo offre migliori risultati. Sovente, per migliorare la durata di vita dei contatti ed evitare la formazione di archi elettrici ad alta energia, si applica un circuito antidisturbo RC direttamente sul contatto. Si deve però tenere presente che, nel caso di alimentazione in AC, il circuito RC lascerà circolare una piccola corrente attraverso il carico. Ciò significa che, in caso di corrente alternata, il circuito RC in parallelo al contatto non garantisce più la separazione galvanica e la disinserzione totale del carico.

Fig. 2 - Tensione ai capi del contatto di comando della bobina di un contattore: a) Senza circuito antidisturbo a 220 V, 50 Hz - b) Con circuito antidisturbo RC a 220 V, 50 Hz (Square D). Si noti come il valore della tensione rappresentato nel diagramma di figura a) sia molto superiore a quella rappresentato nel diagramma di figura b).

Fig. 3 - Tensione ai capi del contatto di comando della bobina di un contattore: a) Con circuito antidisturbo con varistore a 220 V, 50 Hz - b) Con circuito antidisturbo con varistore a 24 V DC (Square D).

Fig. 4 - Sovratensioni generate dall'apertura di un contattore con la bobina funzionante a 220 V, 50 Hz, 10 VA: a) senza protezione contro le sovratensioni - b) protezione con un gruppo RC con resistenza da 110 W e capacità da 0,22 m F - c) protezione con varistore (Siemens).

 

continua....

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